C’è una patologia in costante aumento che, sempre di più, sta attirando l’attenzione del settore medico-scientifico per i rischi ad essa collegati, ma soprattutto per la mancanza sul mercato di un rimedio ottimale senza effetti collaterali: l’iperuricemia.
I dati a riguardo parlano chiaro: il 10% della popolazione adulta presenta un livello di uricemia elevato, almeno una volta nella propria vita (Passamonti, M.). Dati risalenti al 2009 mostrano un’incidenza di 89,9 casi ogni 1000 assistiti, dato particolarmente significativo se lo si pone a confronto con quello del 2005, che registrava un valore di 67,3 casi su 1000 assistiti. Si tratta di una prova della rapida e continua crescita a cui è soggetta la patologia, che sottolinea l’urgenza di sviluppare prodotti in grado di supportare le persone che ne sono affette.
L’iperuricemia è una condizione che si verifica nel momento in cui i livelli di acido urico presente nel sangue superano il valore di 6.8 mg/dL. L’acido urico è una sostanza di scarto del metabolismo delle cellule, che viene prodotta con la degradazione delle purine. Quando tale sostanza si accumula, in quanto viene rilasciata in eccesso o non viene eliminata in modo sufficiente (tramite le urine), si verifica un innalzamento dei suoi livelli nel sangue.
Per la maggior parte dei soggetti iperuricemici è stato osservato che il difetto principale è rappresentato da una minore eliminazione dell’acido urico a livello glomerulare. È stato provato, infatti, che i soggetti con iperuricemia e deposito di urati presentano un’escrezione di acido urico ridotta in media del 41% rispetto alla popolazione normale.
Le cause di una condizione di iperuricemia possono essere numerose e quindi difficili da individuare con certezza. Fra i fattori di rischio figurano sicuramente abitudini di vita scorrette, come una dieta ricca di alimenti di origine animale e più in generale ricchi di purine, obesità e un eccessivo consumo di bevande zuccherate e alcoliche, ma anche patologie di tipo oncologico e osteoarticolare e malattie a carico dei reni come insufficienza renale, calcoli e rene policistico. Inoltre, trattamenti chemioterapici e un uso prolungato di diuretici possono contribuire allo sviluppo della condizione.
Le conseguenze dell’iperuricemia sono numerose e diverse: ecco perché, sempre di più, la comunità medica se ne sta interessando. Un livello di acido urico alto nel sangue può infatti costituire un fattore di rischio per lo sviluppo di patologie cerebrali, renali e soprattutto cardiovascolari. Ciò appare di non trascurabile rilevanza se si considera che le malattie di tipo cardiovascolare rappresentano la prima causa di morte nelle civiltà occidentali. Il trattamento dell’iperuricemia si inserisce quindi anche in una più ampia attività di prevenzione primaria per il rischio cardiocerebrovascolare.
L’iperuricemia è inoltre considerata la principale causa dell’artrite gottosa.
La gotta è considerata una delle forme più dolorose di reumatismo. Si tratta di un’infiammazione correlata, per l’appunto, ad un accumulo di acido urico. Questa patologia colpisce prevalentemente gli uomini (80%) e infatti nei soggetti maschi sopra ai 40 anni la gotta rappresenta la più frequente patologia infiammatoria delle articolazioni, mentre le donne ne sono immuni fino alla menopausa, in quanto protette dagli ormoni femminili.
La patologia si sviluppa lentamente e in modo asintomatico fino all’improvvisa manifestazione acuta. Questi eventi si verificano senza preavviso, spesso di notte, e colpiscono prevalentemente l’articolazione dell’alluce e la pelle circostante che diventano gonfie, molto arrossate ed estremamente sensibili a tatto e pressione.
Le cause scatenanti più frequenti di una crisi acuta di gotta sono collegate all’alimentazione: pasti abbondanti e ricchi di carne, eccessivo consumo di alcool, diete estreme o cure dimagranti. Nei pazienti ospedalizzati possono verificarsi attacchi di gotta dopo l’assunzione di farmaci diuretici che possono essere necessari per ridurre la pressione del sangue o per alleggerire la circolazione. Questi farmaci, infatti, pur aumentando la quantità di urina, non permettono però l’espulsione di una quantità maggiore di acido urico.
In caso di iperuricemia, il paziente può accusare dolori provocati dalla gotta a ondate e a intervalli sempre più brevi. Senza trattamento, questa situazione può degenerare in una gotta cronica, danneggiare contemporaneamente le diverse articolazioni e portare alla formazione degli antiestetici noduli gottosi, ovvero innocui depositi di cristalli di urato nelle parti del corpo più fredde, come il padiglione auricolare, i gomiti, i piedi e le dita. Inoltre, la gotta cronica può comportare depositi di acido urico nei reni. I calcoli renali che vengono a formarsi possono infiammare la pelvi renale e causare coliche. Inoltre, la gotta cronica può degenerare in artrosi cosiddetta secondaria.
Una parte fondamentale del percorso di trattamento dell’iperuricemia è sicuramente un cambiamento dello stile di vita e, nello specifico, una correzione di quelle abitudini che abbiamo già definito come fattori di rischio. Il raggiungimento di un indice di massa corporea ideale, la cessazione del fumo di sigaretta, l’incremento dell’esercizio fisico e il mantenimento di una buona idratazione associate a una riduzione dell’uso di alcool e di cibi ricchi di purine sono quindi elementi cardine per il raggiungimento di valori di uricemia minori di 6,5 mg/dl.
Tuttavia, questi accorgimenti possono non risultare efficaci senza il supporto di un prodotto farmacologico o nutraceutico. Nonostante la crescente diffusione della malattia, però, la gamma di farmaci attualmente a disposizione risulta antiquata e corrisponde inoltre a una scarsa volontà da parte dei pazienti di assumere i farmaci a causa degli effetti collaterali spesso riscontrati. Infatti, all’attuale standard di cura per il trattamento dell’iperuricemia, che in genere comprende l’allopurinolo o gli agenti uricosurici, sono associati significativi svantaggi quali ad esempio prurito e rash, che occorrono nel 3-10% dei casi e, più raramente, febbre, leucocitosi, epatite ed eosinofilia.
C’è bisogno quindi di un prodotto nuovo, efficace e sicuro e proprio questa necessità è stata il motore che ha spinto Biofarma Group a sviluppare un nutraceutico in grado di dare un supporto a tutte le persone affette da questa condizione, riducendo al minimo gli effetti collaterali.
Biofarma Group ha condotto uno studio clinico, pubblicato sul “Journal of Food and Nutrition Research”, con l’obiettivo di sviluppare un integratore per abbassare l’acido urico nel sangue in pazienti con una situazione borderline di iperuricemia.
Nello specifico, è stato strutturato un trial il cui scopo era quello di osservare gli effetti prodotti da un nutraceutico contenente quercetina, rutina, bromelina e L-carnosina in soggetti con livelli di acido urico compresi fra 6 e 7 mg/dl.
In totale sono stati selezionati per lo studio 116 pazienti a cui è stato richiesto di assumere per tre mesi il placebo o il nutraceutico, una volta al giorno al momento della colazione. A conclusione dello studio è stata osservata un’effettiva riduzione dell’uricemia nel gruppo trattato con la formulazione nutraceutica, sia rispetto alla condizione basale sia rispetto al gruppo placebo. Nello specifico: alla condizione basale il 55,9% dei pazienti presentava livelli di acido urico tra 6,5 e 7,0 mg/dl contro lo 0% dopo 3 mesi di trattamento; a conclusione del trial il 67,3% aveva livelli di acido urico compresi tra 6,0 e 6,4 mg/dl contro il 44,1% al basale; infine, il 32,7% aveva livelli di acido urico compresi tra 5,5 e 5,9 mg/dl, contro lo 0% al basale. Per quanto riguarda il gruppo placebo invece, non sono stati osservati significativi cambiamenti.
Lo studio ha quindi confermato l’efficacia del nutraceutico Uricemin® nell’abbassamento dei valori di acido urico nel sangue. Tale efficacia è data dai quattro meccanismi di azione delle sue componenti: la quercetina che inibisce l’attività dell’enzima che favorisce la reazione finale della sintesi dell’acido urico; la rutina che aumenta la secrezione renale di urato; la bromelina che esercita proprietà analgesiche e antinfiammatorie; infine L-carnosina in grado di modulare il riassorbimento dell’acido urico, riducendone quindi i livelli presenti nel sangue.
l risultato dell’attività del laboratorio di ricerca e sviluppo di Biofarma Group è quindi un’innovativa compressa in grado di contrastare l’iperuricemia nei pazienti con livelli di acido urico borderline, soprattutto senza effetti collaterali.
A cura di:
Arianna Vanelli: R&D Manager
Stefania Murzilli: Scientific Specialist
Derosa G., D’angelo A., Maffioli P., “Evaluation of the Effects of a Supplement Composed by Quercetin, Rutin, Bromelain and L-Carnosine in Patients with Borderline Uricemi”, Journal of Food and Nutrition Research, 2020
Frei P., “Gotta e pseudogotta”, Lega svizzera contro il reumatismo
Passamonti M., “Iperuricemia asintomatica. I nuovi indirizzi: cosa sapere per ben agire in Medicina Generale”, MeDia 2015